Francesco Vezzoli e quella «furia» leggendaria 

Alla galleria d'arte Tommaso Calabro di Milano l'omaggio dell'artista a Leonor Fini, una delle creative più originali e controcorrente del secolo scorso. Con una vita da film
Francesco Vezzoli e quella «furia» leggendaria

Francesco Vezzoli cavalca la «furia» Leonor Fini e ci porta dentro l'esistenza leggendaria di questa artista italo-argentina su cui ci auguriamo che prima o poi Netflix faccia un biopic, ché la materia non manca. 

Vezzoli ha da anni inserito Leonor Fini (1905-1996) nel suo personalissimo pantheon femminile: ora la donna è protagonista di quattro nuovi ricami d'artista e di una scultura nella mostra Leonor Fini. Italian Fury. As dreamed by Francesco Vezzoli, curata da Vezzoli, con un allestimento di Filippo Besagni negli spazi della Galleria Tommaso Calabro di Milano (fino al 25 giugno). 

Due parole su Leonor (tutto è eccessivo ma nulla è inventato, in questo riassunto della sua biografia): nasce a Buenos Aires da madre italiana e padre argentino, la donna (scandalo per l'epoca) si separa dal marito e ritorna a Trieste, sua città natale. Il padre non se ne fa una ragione e tenta varie volte di rapire la bambina che viene spesso travestita da maschio dalla madre per non essere riconosciuta: non è un dettaglio da poco, perché Leonor manterrà per tutta la vita una certa fluidità nell'abbigliamento e una propensione al travestimento. Lo fa da ragazzina per scandalizzare i vicini di casa, lo farà da adulta in uno dei divertimenti tipici dell'epoca: il «ballo in maschera» (dove amava presentarsi nelle vesti di Angelo Nero, rivestita di vere piume d'uccello). 

A Trieste Leonor comincia a dipingere da autodidatta, nutrita dall'atmosfera di una città abitata da Joyce, Svevo, Saba

Guardate che mano talentuosa possiede (questo suo disegno finirà sulla cover del numero di giugno del ‘47 di Harper’s Bazaar): 

Leonor Fini, Girl with Shells, 1947

Approdata a Milano, frequenta gli artisti del gruppo «Novecento Italiano», per poi scappare a Parigi, sua città d'adozione. Lì conosce i Surrealisti, realizza la sua prima mostra personale alla Galerie Bonjean - allora diretta da Christian Dior (sì, tutto è straordinario  in questa storia) - e disegna il celebre profumo Shocking di Elsa Schiapparelli. 

Leonor Fini è una di quelle persone che qualsiasi cosa faccia, la fa benissimo.  

Negli anni Trenta abita il bel mondo ma lavora anche molto in atelier: la critica d'arte se ne accorge e Fini comincia ad esporre in diversi musei importanti (il catalogo di una sua mostra a New York ha un'introduzione di Giorgio De Chirico, tanto per dire). 

Nel frattempo, ha una vita sociale irrefrenabile. Cartier Bresson, genio della fotografia, la ritrae nuda in piscina nel ‘33. Scandalo? Non è il primo e non sarà l’ultimo. Leonor Fini - guardate nella foto qui in basso come la interpreta Vezzoli, in una delle opere in mostra in galleria  - è fatta di eccessi

Francesco Vezzoli, Italian Fury (Portrait of Leonor Fini with Dancing Tears) 2022 Unique Courtesy Tommaso Calabro Gallery

Durante la Seconda Guerra Mondiale ripara a Montecarlo (e dove altro sarebbe potuto andare, un tipo così?) e conosce colui che diventerà il suo sodale e compagno di vita, Stanislao Lepri, al tempo console italiano nel Principato. Sono anni «furiosi» e giocondi: Leonor Fini, bellissima, intelligentissima, colta, stravagante diventa la ritrattista preferita della high society del tempo: immortala su tela Luchino Visconti, Alida Valli, i Borromeo. Si stabilisce a Roma (dove è amica di Anna Magnani, Elsa Morante, Alberto Moravia), poi di nuovo a Parigi: amici e amanti seguono la coppia Fini-Lepri con devozione assoluta. 

«Furia italiana, scandalosa eleganza, capriccio e passione», così la definisce l'artista surrealista Max Ernst, invaghitissimo (ricambiato) di lei e da quel «furia» Francesco Vezzoli confeziona una mostra che è un omaggio a questa donna indomita che fu anche costumista alla Scala, romanziera, illustratrice, grafica raffinata. Incredibile.  

In mostra in galleria troverete diverse sue opere dall'atmosfera rarefatta, lavori come questo: 

Leonor Fini, Le Retour des absents, 1965

Leonor Fini è stata, a modo suo, una femminista: nelle sue tele porta un immaginario incantato, a tratti gotico a tratti bambinesco, che affascina Francesco Vezzoli. In lei convivono forza, intraprendenza, seduzione e infantilismo, dolcezza, debolezza

Un pezzo chiave della mostra è questo, dipinto dal marito: 

Stanislao Lepri, Chambre de Leonor, 1967

Osserviamo la camera di Leonor: ci sono i toni pastello, gli amatissimi gatti, i libri, i nudi, c'è la tenerezza domestica e la sensualità gotica (guardate i dipinti alle pareti). C'è da rimanerne ipnotizzati e non a caso Filippo Bisagni si è lasciato ispirare da questo dipinto per il suo allestimento: alcune piastrelle così come alcuni arredi li troverete riproposti nelle varie sale, vero fil rouge della mostra che presenta, in una quaratina di pezzi, anche lavori di Giorgio De Chirico, Max Ernst, Fabrizio Clerici, insomma di tutto «il bel mondo» (inclusi gli «amici amorosi») che gravitava attorno a Leonor. 

Francesco Vezzoli si muove con grazia e devozione attorno a questo personaggio: omaggia Leonor Fini con alcune nuove opere (come lo strepitoso ritratto che vedete qui sotto) e anche con  un enorme bottiglione di profumo Shocking, ricreato sul modello di quello realizzato dall'artista italoargentina nel '37. 

Da Tommaso Calabro, Vezzoli ha realizzato un suo sogno: è stato generoso a condividerlo con noi. 

Francesco Vezzoli Italian Fury (Portrait of Leonor Fini with Jewel Tears) 2022, Unique Courtesy Tommaso Calabro Gallery